Essere amati ed accettati da chi ci circonda è uno dei nostri bisogni umani essenziali. Tale bisogno è radicato nel DNA di ciascuna persona, tanto che una delle paure più diffuse è data dall’essere giudicati da altri. Quando ci poniamo domande quali “Cosa penseranno gli altri di me?”, “Cosa diranno?”, “Che figura farò?”, non facciamo altro che manifestare questa paura, legata al timore dell’umiliazione, dell’esclusione dal gruppo, dell’emarginazione.
Già da piccoli apprendiamo che il ricevere un giudizio positivo possiede una forte influenza sia nel migliorare il nostro umore, sia sulla nostra autostima, allontanando la paura di essere messi in discussione e quindi emarginati.
Il porsi queste domande, tuttavia, non ha risvolti positivi. In primis, viene a mancare la possibilità di essere autentici. Sforzarsi di essere “adeguati” al contesto in cui ci si trova, infatti, comporta un grande sforzo mentale e fisico, in cui ciò che viene a perdersi è proprio l’individualità e la spontaneità che caratterizza ciascuna persona.
Ciò, inoltre, porta inevitabilmente a pagare un prezzo molto alto, dato dalla difficoltà ad “entrare in contatto” sia con sé stessi (non prestando attenzione alle proprie sensazioni, emozioni e stati d’animo, in quanto impegnati ad adeguarsi a standard imposti dalla società), sia con gli altri (mancando la capacità di cogliere il reale stato emotivo e intenzioni dell’altro).
Il timore del giudizio altrui, quindi, ci induce a nascondere il nostro vero io, portando a comportarci in maniera differente dal nostro vero sé, allo scopo di avvicinarci agli altri. Purtroppo l’effetto reale è completamente opposto, in quanto non si fa altro che imporsi atteggiamenti non propri e contrastanti con la propria personalità.
Questo, inoltre, porta all’instaurarsi di un circolo vizioso: più si cerca approvazione dagli altri, cercando di evitarne il giudizio negativo, maggiore è l’ansia di poter invece essere messo sotto “accusa”. È una trappola che non ci da’ modo di essere noi stessi, né di essere come vorremmo apparire.
Tale timore, in alcuni casi, può addirittura trasformarsi in fobia sociale: “un particolare stato ansioso nel quale il contatto con gli altri è segnato dalla paura di essere malgiudicati e dalla paura di comportarsi in maniera imbarazzante ed umiliante.”
Quando l’ansia e il disagio che ne scaturiscono diventano così forti da condizionare la vita quotidiana e lo stare in relazione con gli altri, l’aiuto di uno psicologo diventa allora necessario.
L’intervento che mostra la migliore efficacia per chi soffre di un vero e proprio disturbo associato al timore del giudizio (fobia sociale, disturbi d’ansia, perfezionismo patologico) è quello della psicoterapia cognitivo-comportamentale poiché, a seguito di un intervento specifico e rapido su pensieri, emozioni e comportamenti, aiuta a gestire l’ansia, migliorando le capacità relazionali delle persone.