Il disturbo depressivo è fra le malattie mentali più diffuse. Il mondo medico e psicoterapeutico si trovano, infatti, ad affrontare una vera e propria emergenza mondiale, non solo per il numero di persone che ogni anno ne vengono affette, ma anche dalle conseguenze che esso comporta, compromettendo aree importanti della vita delle persone a causa del deterioramento psicosociale.
Ogni anno più di 100 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di depressione e di queste il 75% non viene trattato o riceve cure inappropriate. I sintomi della depressione sono frequenti sbalzi di umore, apatia, perdita di interesse, disturbi della memoria e difficoltà di concentrazione, mentre al livello del comportamento porta una mancanza di interesse, irritabilità, visione negativa e sensi di colpa, oltre all’inappetenza e all’insonnia. Tutto questo implica una difficoltà ad agire ed interagire, e se non viene curato può rendere la vita molto difficile.
Una volta affrontato il problema, anche se verificatosi come momento transitorio e non permanente, è possibile curarsi in modo efficace. Esistono diverse cure, dai trattamenti farmacologici alla psicoterapia. Uno degli approcci che si è dimostrato più efficace per il trattamento della depressione è quello cognitivo.
Il modello cognitivo della depressione nasce negli anni ’60 ad opera di Aaron T. Beck in America: lo psicologo si accorse che i pazienti affetti da depressione riferiscono un flusso di pensieri negativi, specialmente di autocritica, di insuccesso, fallimento e incapacità molto spesso “automatici”, senza esserne cioè consapevoli.
Il soggetto si percepisce , con diversi gradi di consapevolezza, come incapace di avere amore e attenzione per i propri bisogni più intimi e personali, costretto ad ottenere attenzione ed accettazione solo attraverso prestazioni socialmente apprezzabili anche a costo di doversi impegnare con fatica in compiti e ruoli estranei ai propri desideri e alle proprie inclinazioni
Nel corso della terapia cognitiva la persona viene gradualmente guidata a riconoscere la visione negativa che mostra delle proprie caratteristiche, degli eventi di cui è partecipe e delle aspettative negative verso il futuro. Questo è il primo passo del trattamento. Lo step successivo consiste nell’identificare e correggere i propri pensieri rigidi e negativi. Il paziente apprende a dominare problemi e situazioni che egli precedentemente considerava insuperabili, rivalutando e correggendo il suo pensiero. Il terapeuta cognitivo aiuta il paziente a pensare e ad agire più realisticamente e in maniera positiva, riducendo così i suoi problemi psicologici ed i suoi sintomi.
Il processo è quindi strutturato in due fasi: nella prima, il terapeuta fa associare al paziente un determinato evento od esperienza all’emozione che causa l’insorgere dei disturbi; nella seconda, si cercano modi alternativi per risolvere il problema. Spesso, infatti, le persone rimangono imbrigliate nei propri schemi mentali, senza riuscire a cogliere alternative possibili.