I disturbi dell’alimentazione sono definibili, in generale, come disturbi psicologici che portano le persone che ne soffrono ad avere una preoccupazione eccessiva e costante nei confronti del cibo e del peso corporeo. La forma del corpo diventa il principale fattore sul quale si valuta la persona stessa e le preoccupazioni associate a questo aspetto ne esauriscono completamente le risorse rendendo difficile (quando non impossibile) occuparsi con interesse ed entusiasmo di altre cose.
I disturbi alimentari sono in continuo aumento e costituiscono una vera e propria emergenza sanitaria poiché causano complicazioni tali da essere rischiose per la vita stessa: tra i più frequenti troviamo l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge-eating disorder).
Questi disturbi possono presentarsi in qualunque momento della vita, spesso in conseguenza a momenti critici, ma più frequentemente esordiscono in adolescenza e colpiscono maggiormente le donne (sebbene ad oggi sempre più uomini iniziano a soffrirne).
La sofferenza legata alla comparsa di un disturbo alimentare, che si esplicita come desiderio di magrezza, nasce come modo per fronteggiare situazioni di crisi, di paura, situazioni e/o sensazioni generalmente vissute come intollerabili e senza controllo.
Il cibo funge da regolatore dei propri stati d’animo e le sensazioni di fame, sazietà oppure associate a meccanismi quali vomito ed eccessiva attività fisica diventano (mantenendosi nel tempo) degli strumenti per affrontare le situazioni e le sensazioni percepite come intollerabili o inaffrontabili.
La terapia cognitivo-comportamentale, che prevede un lavoro congiunto da parte di più professionisti (psicoterapeuta, psichiatra, dietista-nutrizionista), viene in supporto nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione poiché è volta a modificare l’idea che il peso e le forme del corpo costituiscano il fattore principale in base al quale valutarsi. L’obiettivo di questo tipo di trattamento è di portare la persona ad identificare e modificare le modalità di pensiero che mantengono la propria patologia alimentare col fine ultimo di imparare a gestire i propri sintomi e sostituirli con comportamenti più adeguati ed appaganti.