Il 19 ottobre è uscito nelle sale cinematografiche il film IT, tratto dal celebre romanzo di Stephen King. Diretto da Andrés Muschietti, il film vede come protagonista il malvagio clown Pennywise ed il suo palloncino rosso che galleggia a mezz’aria, quale biglietto da visita di questa misteriosa entità demoniaca che tormenta i ragazzini di una città americana, attirandoli in una trappola mortale senza vie di scampo.
Che cosa spinge alcune persone ad avere paura di fronte a questo genere di film ed altre ad andarne alla continua ricerca? In primis, va sottolineato che gli amanti del genere horror provano piacere a sperimentare sensazioni di paura. Il segreto del piacere della paura risiederebbe nella capacità del suo controllo. La sensazione di piacere deriverebbe, quindi, dal provare una sensazione di paura in un ambiente che in realtà non costituisce un vero pericolo, portando così a sperimentare una reazione fisiologica divertente, ed è da questo contrasto che nasce il piacere.
Spesso, tuttavia, nasce un conflitto fra la capacità di tenere sotto controllo questa emozione e la volontà di superare i propri limiti, spingendo a guardare proprio questo genere di film. È in questi casi che guardare un film horror può lasciare la paura viva per anni.
In uno studio condotto dell’Università del Michigan, in cui i ricercatori hanno effettuato il follow up di uno studio condotto nel 1999, notando come se anche l’esposizione ad uno stimolo ansiogeno (film horror) fosse avvenuta durante l’infanzia e l’adolescenza, le ripercussioni si sono mantenute anche a distanza di anni.
Un successivo studio, condotto all’Università del Wisconsin ha sottolineato come le persone mettano in atto diverse strategie per affrontare l’ansia derivante dalla visione di un film horror. Tale strategie dipendono dalla fascia d’età del soggetto:
- I bambini tendono ad utilizzare strategie comportamentali (ad es. coprirsi gli occhi)
- Quelli di età leggermente superiore utilizzano strategie cognitive (ad es. ripetendosi che “è solo un film)
- Gli adolescenti e gli adulti sono quindi più abili nell’utilizzare la logica e il ragionamento, mentre i bambini tendono a evitare gli stimoli paurosi o cercare un contatto fisico rassicurante
Una seconda parte dello studio è stata incentrata per valutare la durata del sentimento negativo, i meccanismi di adattamento messi in atto e le caratteristiche del contenuto spaventoso.
I bambini tendono a conservare in memoria per anni i “mostri”, associandoli ad un sentimento di paura, influenzando per anni anche comportamenti e abitudini normali come dormire e mangiare. Adolescenti e adulti, mostrano (generalmente) una minore risposta duratura agli stimoli ansiogeni e le esperienze spaventose sono spesso accompagnate da nausea e aumento del battito cardiaco.
Studio Psi.Co.