La maggior parte delle persone tende ad evitare saltuariamente determinate situazioni che possano essere sconvenienti o che possano creare forte ansia. Il disturbo evitante di personalità, invece, è caratterizzato da un modello pervasivo d’inibizione sociale, sentimenti d’inadeguatezza e ipersensibilità alle valutazioni negative. Vi è mai capitato di imbattervi in persone con una radicata convinzione di valere poco, contornata da un profondo senso di inadeguatezza nella vita di relazione (ad es. di coppia) ed un enorme timore delle critiche della disapprovazione altrui e di esclusione? Molto probabilmente vi trovate di fronte ad una persona che soffre di questo disturbo di personalità. Per questa persona qualsiasi attività sociale rappresenta un ostacolo insormontabile e per evitare queste esperienze dolorose e la sensazione di sentirsi escluso dagli altri, la persona tende ad avere una vita ritirata.
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Facciamo un po’ di chiarezza: l’imbarazzo e le conseguenti ripercussioni a livello corporeo (ad es., problemi gastrointestinali) si manifestano in una modalità molto intensa che va ben oltre la normale dimensione ansiosa cui ci troviamo tutti di fronte di fronte ad una situazione sconosciuta. Nello specifico, si soffre di disturbo evitante della personalità, quando un individuo presenta queste caratteristiche:
- È riluttante a entrare in relazione con persone, a meno che non sia certo di piacere.
- Mostra limitazioni nelle relazioni intime per timore di essere umiliato o ridicolizzato.
- Si preoccupa di essere criticato o rifiutato in situazioni sociali.
- È inibito in situazioni interpersonali nuove per sentimenti di inadeguatezza.
- Si vede come socialmente inetto, personalmente non attraente o inferiore agli altri.
- È insolitamente riluttante ad assumere rischi personali o a impegnarsi in qualsiasi nuova attività, poiché questo può rivelarsi imbarazzante.
Le persone con disturbo evitante di personalità vengono definite come spettatrici di un mondo al quale vorrebbero prendere parte ma per loro troppo spaventoso. La loro maggior convinzione è quella di non essere abbastanza capaci, bravi, competenti, attraenti e hanno la convinzione che saranno criticate e svalutate dagli altri. Il loro unico modo per poter godere della vita consiste nel ritirarsi in attività solitarie, quali ad esempio: la musica, la lettura, le chat.
Purtroppo, il non esporsi alle situazioni che potrebbero disconfermare la loro percezione non fa altro che rafforzare il loro personale senso di inadeguatezza sociale, entrando in un circolo vizioso senza fine. Sono persone che potremmo definire “ipersensibili”, in quanto la loro bassa tolleranza per le emozioni negative e la loro sensibilità al fallimento e al rifiuto pervade tutte le loro azioni.
Le cause del disturbo evitante di personalità non sono ben definite, sebbene numeri studi dimostrano come intervengano componenti genetiche, psicologiche (temperamento della persona) e sociale (ambiente nel quale la persona è cresciuta). Sembrerebbero esserci dei fattori specifici quali un attaccamento ansioso da parte dei genitori e l’aver subito rifiuti e/o emarginazione nel contesto del gruppo dei pari in giovane età.
La terapia cognitivo comportamentale (TCC) si è dimostrata essere tra i trattamenti di comprovata efficacia per la cura del disturbo evitante di personalità. Grazie alla TCC è possibile lavorare sui pensieri automatici distorti che sono alla base del disturbo. Tali pensieri, una volta identificati e condivisi con il paziente, sono messi in discussione mediante confutazione e sostituiti con nuovi pensieri più funzionali.
È altresì utile portare a consapevolezza degli schemi routinarie che vengono messi in atto dalla persona che soffre di disturbo evitante di personalità, in modo da aiutarla a comprender meglio il proprio funzionamento.
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