Durante l’arco di vita, il bambino attraversa alcune fasi di crescita che lo portano a
sperimentare numerose emozioni, come la felicità, la rabbia, la paura.
In particolare, verso gli otto mesi, è normale che il neonato cominci a manifestare
una certa paura nei confronti degli estranei. Quando la mamma si allontana, ad
esempio, spesso manifesta ansia da separazione, perché ancora non ha una
matura comprensione e consapevolezza della dimensione spazio-tempo, per cui
pensa che se non fisicamente presente, la madre possa essere sparita per
sempre. Questa fase dello sviluppo testimonia il fatto che il neonato ha imparato a
riconoscere chi si occupa di lui (caregiver = colui che dà cure) e di conseguenza
protesta con il pianto nel momento della separazione.
Ciò fa parte del normale sviluppo del bambino fin verso i 6 anni, dopodiché, se i
sintomi dell’ansia da separazione perdurano e causano una compromissione
significativa del funzionamento sociale, scolastico, familiare, è possibile che si
tratti di un vero e proprio Disturbo d’ansia da separazione.
In questo caso, il bambino potrebbe chiedere di non essere lasciato solo, potrebbe
rifiutarsi di andare a scuola, oppure manifestare sintomi fisici come mal di pancia o
mal di testa nel momento del distacco dalla sua figura significativa (generalmente
la madre). I genitori vengono messi a dura prova, perché spesso si trovano a
dover combattere con il “senso di colpa”, la preoccupazione, la stanchezza.
Risulta perciò importante riconoscere per tempo i segnali di malessere del
bambino, per sostenerlo e contemporaneamente aiutare i genitori a comprendere i
propri stati d’animo ed il significato che il disagio del figlio assume nella vita
quotidiana.